1 Tessalonicesi 5:9s [prima parte]

Queste breve passo riassume con estrema chiarezza la Buona Notizia cristiana. Trovandosi nel testo più antico del Nuovo Testamento, queste due righe dell'epistolario paolino costituiscono la prova più evidente che la Parola che andiamo annunciando non fu il frutto di una lenta elaborazione del messaggio evangelico, ma l’immediata e definitiva rivelazione del Signore per la Chiesa delle nazioni, tramite Paolo, l’apostolo delle genti. Così vi si legge: “Dio infatti non ci ha destinati a ira, ma ad ottenere salvezza per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo, il quale è morto per noi affinché, sia che vegliamo sia che dormiamo, viviamo insieme con lui”. L’importanza assoluta che questo passo riveste nella dottrina della grazia risulterà evidente solo tenendo conto del contesto in cui è inserito. Nelle righe immediatamente precedenti, si legge: “Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, così che quel giorno abbia a sorprendervi come un ladro; perché voi tutti siete figli di luce e figli del giorno; noi non siamo della notte né delle tenebre. Non dormiamo dunque come gli altri, ma vegliamo e siamo sobri; poiché quelli che dormono, dormono di notte, e quelli che si ubriacano, lo fanno di notte. Ma noi, che siamo del giorno, siamo sobri, avendo rivestito la corazza della fede e dell'amore e preso per elmo la speranza della salvezza - vv.4-8. E’ chiaro che l’apostolo sta invitando i cristiani a non dormire nelle tenebre, in quel sonno del peccato che può sorprendere persino gli eletti di Dio, ma piuttosto a restar svegli, secondo il consiglio che era stato già di Gesù: “Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione, perché lo spirito è pronto, ma la carne è debole” – Matteo 26:41. A questo punto potremmo aspettarci, come altrove – Luca 21:36 - una qualsiasi minaccia per i dormienti, invece ciò che segue è una rassicurante promessa che il destino di tutti i credenti non è ad ira, ma a salvezza, sia che vegliamo alla luce di una sana condotta, sia che dormiamo nelle tenebre della colpa. Un tale annuncio è quanto meno sconvolgente per coloro che sono abituati ad un cristianesimo meritocratico, fondato sulla legge di Dio e non piuttosto sulla sua grazia. Per quanto ciò possa scandalizzare, noi non possiamo non testimoniare che, qualunque siano stati e siano ancora i tuoi peccati, anche i più terribili, se credi in Colui che in croce li ha pagati per te, sei salvato! D’altronde rifletti: se Gesù fosse venuto a predicare una religione nel solco della tradizione ebraica dei comandamenti, perché avrebbe dovuto allertare il suo pubblico dicendo: “Beato colui che non si scandalizzerà di me!” – Matteo 11:6p ? Un riformatore dei costumi può dare fastidio, ma di certo non può scandalizzare. A cosa, dunque, si riferiva il Signore? Quando furono dette queste parole? Sia in Matteo che in Luca, esse seguono la frase “E il Vangelo è annunciato ai poveri” – Matteo 11:5p. Chi possiede dunque questa povertà, che in Matteo 5:3 si spiega essere di natura spirituale? Leggiamo la seguente parabola: “Due uomini salirono al tempio per pregare; uno era fariseo e l'altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così dentro di sé: O Dio, ti ringrazio che io non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri; neppure come questo pubblicano. Io digiuno due volte la settimana; pago la decima su tutto quello che possiedo. Ma il pubblicano se ne stava a distanza e non osava neppure alzare gli occhi al cielo; ma si batteva il petto, dicendo: O Dio, abbi pietà di me, peccatore! Io vi dico che questo tornò a casa sua giustificato, piuttosto che quello; perché chiunque s'innalza sarà abbassato; ma chi si abbassa sarà innalzato - Luca 18:10-14. Chi è il povero in spirito della parabola? Di sicuro il pubblicano. Egli possiede la povertà di meriti di fronte a Dio e ne è consapevole. Cosa fa? Entra nel tempio per compiere un rito o per fare buoni propositi o per inaugurare la sua conversione? Nulla di tutto ciò! Lo ripetiamo: nulla di tutto ciò! Soltanto chiede umilmente perdono, sa di essere in debito e chiede pietà! E il Signore che fa? Annuncia la sua giustificazione! Gloria a Dio! Quell’uomo è giustificato solo per aver chiesto perdono: ecco lo scandalo del Vangelo dei poveri. A dispetto di tutto il suo impegno, il fariseo sarà condannato, poiché crede che Dio baratti il suo Regno in cambio di sacrifici e meriti umani, al contrario l'umile fede del pubblicano nella misericordia di Dio aprirà al peccatore le porte del Cielo! “Ora andate e imparate cosa significhi: Misericordia voglio e non sacrificio! Perché Io non sono venuto a chiamare i giusti, bensì i peccatori” – Matteo 9:13. La differenza tra il fariseo ed il pubblicano consistette essenzialmente nel fatto che il primo reputò Dio l'Altissimo suo debitore, mentre il secondo lo stimò saggiamente suo creditore. Alla domanda della Scrittura: "Chi ha dato a Dio qualcosa per primo così da doverne ricevere il contraccambio?" – Romani 11:35, il fariseo rispose "io" e fu perduto, ma tu cosa rispondi ora?
E’ vero, ci duole dirlo, che non poche comunità evangeliche pongono, tra le condizioni per essere salvati, quella di rinunciare alla pratica dei propri peccati. Se così fosse, chi sarebbe salvato? Chi si accosta a Cristo sa di essere peccatore per nascita e per censo, come può allora presentare a Dio un cuore talmente libero dal male da esser così spavaldamente pronto a rinunciare al peccato - cfr. Romani 7:14ss - per di più ancor prima di essere rinato?! Cosa fece il pubblicano? Il Signore non dice che egli tentò di mutare vita, né altre parole mette sulla sua bocca, se non queste: “O Dio, abbi pietà di me peccatore!”. Altre comunità, meno arroganti, pongono la condizione della rinuncia alla pratica del male per il solo battesimo in acqua. Ma cosa dice la Scrittura? Alla domanda dell’eunuco: “Ecco dell'acqua; che cosa impedisce che io sia battezzato?”
– Atti 8:36 – Filippo non fa richieste morali, ma, stando al versetto seguente, risponde: Se tu credi con tutto il cuore, è possibile”. Se poi non si accetta il v. 37, poiché manca nei più antichi manoscritti del Nuovo Testamento, la cosa è ancora più semplice: la sola richiesta dell’eunuco convince Filippo a fermare il carro e a scendere nell’acqua per battezzarlo – v. 38 ! La stessa semplicità risulta da altri passi della Scrittura: persino Simon mago, che era “pieno d’amarezza ed in fiele d’iniquità” – Atti 8:23 - fu battezzato solo per aver creduto: Atti 8:13. Vero è che Pietro, il giorno di Pentecoste, aveva detto: “Ravvedetevi e ciascuno di voi sia battezzato nel Nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati” – Atti 2:38. Ma di cosa dovevano ravvedersi i suoi uditori? Immediatamente prima, Pietro aveva loro predicato con queste parole: Uomini d'Israele, ascoltate queste parole! Gesù il Nazareno […] quest'uomo, quando vi fu dato nelle mani per il determinato consiglio e la prescienza di Dio, voi, per mano di iniqui, inchiodandolo sulla croce, lo uccideste” – Atti 2:22s. Era dunque di questo omicidio che dovevano ravvedersi, riconoscendo in quell’uomo non più un bestemmiatore, bensì il Figlio di Dio, non più un peccatore, ma “il giusto per gli ingiusti, per ricondurci a Dio” – 1 Pietro 3:18. Questo ravvedimento, per quei Giudei, si identificava con la confessione di fede cristiana, così che ad esso l’apostolo lega non solo il battesimo, ma la salvezza stessa, ossia la remissione dei loro peccati. Anche altrove il ravvedimento è posto come condizione per il perdono dei peccati –Luca 24:47 - e ciò perché le parole greche rese ravvedimento e ravvedersi, oppure pentimento e pentirsi, sono rispettivamente met£noia [metanoia] e metanošw [metanoeo], ed entrambe stanno ad indicare quel mutamento di opinione necessario all’accettazione del Vangelo. Esse si riferiscono esclusivamente ad un’attività del pensiero, non al comportamento; per questo il Battista deve ammonire dicendo: “Fate frutti degni del ravvedimento” – Luca 3:8. Diversamente, la conversione di vita, che deve far seguito alla salvezza e tuttavia non la influenza, nelle Scritture greche è resa da ™pistršfw [epistrefo], un verbo che esprime l’idea di un’inversione di marcia - cfr. Luca 22:32. A volte però, nel Nuovo Testamento, questo cambiamento di direzione si riferisce ad un mutamento non della condotta morale, ma della visione religiosa, a favore del cristianesimo - 1 Tessalonicesi 1:9; 2 Corinzi 3:16: ovviamente, in questo caso, anche la conversione diviene, similmente al ravvedimento, pregiudiziale alla giustificazione – Atti 3:19. Pertanto, da quanto precede, è chiaro che di nulla dovrà accertarsi il ministrante del battesimo, se non del fatto che il battezzando abbia ben compreso “il lieto messaggio di Gesù” – Atti 8:35 – per scongiurare il rischio che abbia "creduto invano": cfr. 1 Corinzi 15:1s. Dopodichè, il neobattezzato potrà continuare il suo cammino come l’eunuco, “in tutta allegrezza” – Atti 8:39 – avendo creduto in “Gesù, che ci libera dall’ira futura - 1 Tessalonicesi 1:10. Per sempre!

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